Archeologhe ed Archeologi scendono in piazza | Roma, 15 Dicembre 2012


 

Il documento di chiamata alla manifestazione è disponibile qui: http://www.archeologi.org/public/manifestazione_archeologi_2012.pdf

Grazie ad ANA Toscana (toscana[@]archeologi.org)
Per info trasporti, alloggio e cene convenzionate: manifestazione[@]archeologi.org

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Siena, un anno dopo


È trascorso ormai un anno dal “Se non ora, quando?” di Siena 2011. 

Il 9 Luglio del 2011 eravamo lì in trenta. Trenta archeologhe provenienti da tutta Italia che si sono incontrate, molte per la prima volta dal vivo, per portare in piazza le difficoltà e le aspirazioni di essere Archeologhe che (r)esistono in un mondo precario e ancora, talvolta, troppo maschilista. Dopo discussioni sul web in cui ci siamo raccontate le nostre esperienze, i nostri punti di vista, le nostre proposte, abbiamo deciso di uscire ancora più allo scoperto per dire pubblicamente cosa pensavamo.

Posso tranquillamente dire, a distanza di un anno, che è stata una delle esperienze più belle della mia vita! Per la prima volta dopo tanto mi sono sentita compresa e ho trovato il modo di incanalare le mie forze per lavorare a qualcosa di “più grande”. In questo l’ANA (Associazione Nazionale Archeologi) ha fatto un grande lavoro. Ha ascoltato tante donne che come me si sono ritrovate ad affrontare problemi comuni a molte, piccole e grandi discriminazioni, ansie e speranze. L’ANA da anni sta cercando di porre un’attenzione maggiore a tutto ciò che nel nostro mestiere ancora manca, vuoi per cattive conoscenze generali, vuoi per la precarietà insita nella nostra condizione lavorativa.

L’esperienza dello SNOQ mi ha dato forza e speranza, e soprattutto mi ha fatto venire voglia di smettere di lamentarmi per essere più attiva, per fare qualcosa anche io, per partecipare al cambiamento. A Siena è bastato così poco (anche se dietro c’è stata una lunga preparazione e un grande coordinamento, e la prima da ringraziare è Astrid D’Eredità senza la quale nulla avrebbe avuto inizio) e pian piano qualcosa ha iniziato ad ingranare.

Durante quest’anno molte di noi che eravamo lì a Siena ha scelto di darsi da fare: ha organizzato o partecipato a conferenze nelle quali si parlava di donne e archeologia, ha preso parte a gruppi per intitolare strade a importanti figure femminili, ha dato vita a comitati, ha spiegato sui canali mediatici e nella vita di tutti i giorni quali sono i problemi da superare, ha cercato di sensibilizzare il grande pubblico.

Io sono orgogliosa di tutto questo, sono orgogliosa delle mie colleghe sparse in tutta Italia e di quello che fanno ogni giorno per essere ottime professioniste, brave mamme, amorevoli compagne, attive “sindacaliste”: in una parola DONNE. Donne che non scendono a compromessi, che hanno scelto di fare qualcosa di più per tutte e non solo per loro stesse, profondendo un impegno reale (fisico e mentale) per migliorare in un prossimo futuro le condizioni di noi tutte.

L’anno scorso per me è stata una scossa e una risposta: l’ANA e le Archeologhe che (r)esistono mi hanno dato la possibilità di essere una professionista migliore e più preparata e non potrò mai ringraziarli abbastanza per questo anno di crescita individuale e lavorativo.

A distanza di un anno credo che la nostra esperienza di Archeologhe che (r)esistono non sia stata una cometa, bensì la base per una discussione più concreta ed ampia sul mondo della precarietà e della discriminazione femminile italiana. Un grande punto di inizio al quale spero che tutte noi archeologhe sapremo ancora dare seguito.

GRAZIE!

Marcella

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Siamo mamme ed archeologhe: auguri a tutte noi!


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8 marzo: perché.


Canovaccio dell’intervento di Sabrina Del Piano in occasione della manifestazione “Donna e archeologia“, organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata presso il Museo archeologico della Siritide.
Altri interventi della giornata di Tonia Giammatteo e Lucia Colangelo.


Innanzitutto è bene puntualizzare che non è la “festa della donna” bensì la “giornata internazionale della donna”.
Quindi stasera non siamo qui per festeggiare, ma per riflettere.

ARCHEOLOGHE CHE (r)ESISTONO.
Il significato non sta né in un circolo per zitelle a bere the (o Martini) e a spettegolare, né in una frangia neo-(o vetero) femminista, anche perché saremmo ridicole ed anacronistiche, in quanto noi (mediamente) nel ’68 ci siamo nate, e forse dovremmo definirci delle vittime del ’68, più che delle portavoce o interpreti.
Piuttosto siamo un punto di riferimento, per noi stesse. Visto che in questa società di punti di riferimento ce ne sono pochi, o forse troppi (e falsi) e per non sentirci confuse abbiamo stabilito quasi un geocentro in cui fermarci per scambiarci idee, opinioni, per farci coraggio a vicenda.
Abbiamo creato questo spazio (che è virtuale, ma diventa anche reale quando ci incontriamo) all’interno dell’Associazione Nazionale Archeologi per mezzo del quale pensiamo, elaboriamo, proponiamo.
I risultati finali sono in sinergia con ANA Nazionale, e non potrebbe essere diversamente.

<<Nel 2011, infatti, oltre 500 archeologhe hanno aderito alle attività del comitato, partecipando a gruppi di studio sull’identità di genere, denunciando la precarietà delle professioni culturali sulla carta stampata (Repubblica, Corriere della Sera, l’Unità, Leggendaria, Paese Sera) e in diverse trasmissioni televisive nazionali (tra le altre Servizio Pubblico, Presa Diretta, Le storie – Diario italiano) e internazionali (CCTV Central China Television, France2).

 A luglio siamo arrivate in trenta da tredici regioni diverse nel Giardino di Sant’Agostino a Siena, con la grande emozione di salire sul palco degli Stati Generali di ‘Se non ora, quando?’; a novembre abbiamo organizzato una partecipatissima tavola rotonda inserita nei lavori della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, di cui saranno a breve disponibili gli Atti.>> 

Altre iniziative concomitanti con la presente sono:

08-11 marzo: Paestum, Museo Archeologico Nazionale di Paestum per Kore: il risveglio dell’energia femminile, dipartimento di Filosofia, Università di Napoli “Federico II”: parleranno esponenti di Se non ora quando.

09 marzo: Ferrara, MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE, SALA DELLE CARTE GEOGRAFICHE – Giovanna Vigna ANA Emilia Romagna presenterà il tema:  <archeologia: un lavoro per donne>. 

Tra l’altro ARCHEOLOGHE CHE RESISTONO è una creatura bradanico-salentina, in quanto vede ideatrici Astrid D’Eredità, tarantina, le vostre Teresa Leone ed Ada Preite; e dall’arco jonico poi l’iniziativa è piaciuta così tanto che si sono affiancate le colleghe campane, laziali, toscane, eccetera.

Detto questo, passiamo alle iniziative che stiamo curando come ANA Puglia, Archeologhe che resistono e ANA Nazionale:
Master in archeologia preventiva – Ana e LUISS Business School
toponomastica femminile – Archeologhe che (r)esistono e Maria Pia Ercolini
ARCHEOLOGI SICURI – ANA in collaborazione con GEA Project
(segue breve descrizione di ogni iniziativa)

Ora un poco di numeri:
secondo i dati Istat del Secondo censimento ANA, gli archeologi in Italia, tra laureati triennali, laureati magistrali e specialisti, il 70% è donna.
L’86% degli archeologi professionalmente attivi non è impiegato negli Enti pubblici.
Fonte: 2 censimento ISTAT pubblicato sul Volumetti MIBAC Borsa mediterranea per il turismo archeologico – Paestum 2011.

Iscritti ANA per ogni Regione: mediamente 100 iscritti.
Scuole di specializzazione: ogni anno si diplomano mediamente 300 laureati.
Stime: il concorso MIBAC del 18 luglio 2008 per 30 posti da archeologo (e altri da custode) ha prodotto 5500 domande, alle quali vanno aggiunti tutti quegli archeologi che non hanno presentato domanda.
Un gran bel numero. Un esercito.
Questi dati significano moltissimo: che i numeri ci sono. Noi ci siamo! Gli archeologi devono solo unire questi numeri, e trasformarli in entusiasmo, in voglia di fare, in concretezza.
Spesso mi sento dire che l’archeologia nel nostro paese non ha futuro, che non si investe in cultura, che il mestiere vincente di domani non sarà di chi avrà una laurea, ma di chi indipendentemente dal titolo di studio.
Il futuro non esiste come entità fisica definita, è bene ripetercelo. Il futuro è la somma delle nostre azioni, delle nostre decisioni, delle nostre volontà.
Per cui il futuro dell’archeologia in particolare e della cultura in generale dipende da noi, da tutte quelle persone che non si lasciano intimidire, demoralizzare, condizionare dalle negative, ma che anzi continuano a credere come fino ad oggi hanno creduto in se stessi e nel loro mestiere, avendogli dedicato gli anni più belli e spensierati della loro giovinezza.
Vale ancora la pena credere nella cultura, per cui crediamoci. E dimostriamolo con i fatti.

In conclusione vorrei invitare tutte le archeologhe e gli archeologi presenti a continuare ad essere uniti nel percorso di studio e tutela del nostro patrimonio e della nostra professione (e quindi del nostro futuro). Il modo più forte per praticare questa tutela è essere coesi, aumentare di numero, associarci con il fine di riuscire nel migliore dei modi a farci conoscere, a sostenere le nostre cause, quelle di tutti gli archeologi professionisti, a diffondere la cultura in cui risiede il futuro.

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Via Giulia Fogolari, archeologa


Continua la stretta collaborazione di ‘Archeologhe che (r)esistono‘ con il gruppo di ricerca “Toponomastica femminile“, guidato da Maria Pia Ercolini per l’analisi della composizione degli stradari italiani e l’intitolazione di nuove strade alle donne per compensare l’evidente sessismo che caratterizza l’attuale odonomastica.

Il progetto “8 marzo: 3 donne, 3 strade” si propone soprattutto di individuare figure di donne cui dedicare luoghi urbani e il nostro gruppo sta lavorando anche in questo senso, offrendo alla ricerca i nominativi di archeologhe italiane e straniere del Novecento.

Mentre le analisi degli stradari proseguono in tutta Italia iniziano a giungere i primi riscontri: l’assessore Anna Rita Lemma ha aderito al progetto in nome del Comune di Taranto e a breve si terrà una riunione organizzativa per individuare i nomi delle donne cui dedicare le prossime strade. 

A nord, le consigliere del PD di Este (Padova) guidate da Morena Cadaldini hanno già formulato la prima richiesta di
intitolazione ad un’archeologa: Giulia Fogolari, insigne studiosa dei Veneti.
Continueremo ad approfondire la ricerca in tutta Italia e a collaborare a questo grande progetto che in brevissimo tempo ha raccolto oltre duemila entusiastiche adesioni.

Chi desiderasse maggiori informazioni o intendesse aderire può scrivere all’indirizzo archeologhe@gmail.com o visitare il gruppo Facebook dedicato all’iniziativa Toponomastica femminile 

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Un anno di ‘Archeologhe che (r)esistono’


Il 13 febbraio  la nostra Marcella Giorgio è stata invitata dalla presidentessa dell’Archeoclub locale, l’infaticabile Evita Ceccarelli, a tenere una lecture presso la Biblioteca Universitaria di Pisa, per parlare di donne ed archeologia nell’ambito di un fortunato ciclo di conferenze che ha organizzato in collaborazione con Alessandra Pesante, direttrice della Biblioteca.

Marcella ha raccontato le storie di molte archeologhe del Novecento, italiane e straniere, dimenticate dalla storia della disciplina e dalla società civile e ha fatto il punto sulle criticità nelle dinamiche di lavoro per le professioniste dei beni culturali nel 2012.
Solo alcune delle tante vicende che il comitato “Archeologhe che (r)esistono” ha raccolto nei suoi primi dodici mesi di vita, affiancando alla ricerca storiografica l’impegno nella ricerca e nella sensibilizzazione ai problemi della condizione e del lavoro femminile.

Nel 2011, infatti, oltre 500 archeologhe hanno aderito alle attività del comitato, partecipando a gruppi di studio sull’identità di genere, denunciando la precarietà delle professioni culturali sulla carta stampata (Repubblica, Corriere della Sera, l’Unità, Leggendaria, Paese Sera) e in diverse trasmissioni televisive nazionali (tra le altre Servizio Pubblico, Presa Diretta, Le storie – Diario italiano) e internazionali (CCTV Central China Television, France2).
A luglio siamo arrivate in trenta da tredici regioni diverse nel Giardino di Sant’Agostino a Siena, con la grande emozione di salire sul palco degli Stati Generali di ‘Se non ora, quando?’; a novembre abbiamo organizzato una partecipatissima tavola rotonda inserita nei lavori della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, di cui saranno a breve disponibili gli Atti.

È stato un anno importante, l’anno in cui ci siamo riconosciute e trovate: eravamo sparpagliate per l’Italia e col tempo abbiamo tessuto una rete fitta di rapporti e collaborazioni, che ci unisce nell’impegno e ormai anche nell’amicizia.

Il nostro impegno continua oggi, nel 2012, con la ricerca e una fitta serie di interventi divulgativi: il 13 febbraio, come già detto, Marcella Giorgio ha tenuto una lezione presso la Biblioteca Universitaria di Pisa; il 3 e 4 marzo Astrid D’Eredità ha partecipato a Roma al Workshop “Ragazze Interrotte“della Rete delle Donne di SEL; negli stessi giorni Chiara Baro era a Bologna all’incontro nazionale “Vite, lavoro, non lavoro delle donne” promosso da SNOQ.

Questa settimana due seminari sulle donne nell’archeologia in collaborazione con il Ministero per il Beni e le Attività Culturali, che hanno dato e continuano a dare il loro prezioso contributo con passione e professionalità: giovedì 8 marzo Tonia Giammatteo, Lucia Colangelo e Sabrina Del Piano saranno a Policoro presso il Museo Archeologico Nazionale della Siritide; venerdì 9 marzo Giovanna Vigna sarà al Museo Nazionale Archeologico di Ferrara.

E continua da tutta Italia l’adesione al progetto ‘Toponomastica femminile‘ lanciato
da Maria Pia Ercolini: Nora D’Antuono, Sara Bini, Roberta Schenal, Sabrina Spadavecchia, Corimma Taveri, Michela Rizzi, Lidia Di Giandomenico, Giovanna Baldasarre, Elena Quiri, Paola Mazzei partecipano al progetto di analisi degli stradari italiani e alla formulazione di nuove proposte di intitolazione ad archeologhe italiane e straniere.

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Archeologhe e Toponomastica femminile


Abbiamo aderito con entusiasmo alla proposta di Maria Pia Ercolini di partecipare all’iniziativa di ricerca sulla toponomastica femminile da lei lanciata su Facebook.

Si tratta di effettuare uno studio critico degli stradari italiani: è un’operazione semplice e molto rapida che consiste nell’analizzare l’elenco delle vie di ciascuna città (reperibile in genere sul sito del Comune) ed individuare quelle intitolate a donne.

Così come espresso sul gruppo Toponomastica Femminile, si tratta di “impostare ricerche, pubblicare dati e fare pressioni su ogni singolo territorio affinché strade, piazze, giardini e luoghi urbani in senso lato, siano dedicati alle donne per compensare l’evidente sessismo che caratterizza l’attuale odonomastica (branca della toponomastica). Cartine al tornasole della misoginia ambientale, le targhe stradali d’ogni dove invitano alla riflessione“.

Esiste già un gruppo di lavoro per ogni regione e stiamo spargendo la voce per includere quante di noi siano interessate.

La nostra proposta in più è quella di fornire una lista di archeologhe per proporre nuove intitolazioni in tutta Italia: le ricerche sono iniziate e i primi nominativi sono già disponibili sia sul gruppo Facebook Archeologhe che (r)esistono che su quello dedicato alla Toponomastica femminile già segnalato.

Per le adesioni o per trovare risposte a dubbi e chiedere chiarimenti date uno sguardo ai gruppi indicati oppure scrivete all’indirizzo archeologhe@gmail.com

Astrid D’Eredità

Archeologhe che (r)esistono
Associazione Nazionale Archeologi

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Archeologhe che (r)esistono a Pisa


Incontro con Marcella Giorgio

Il ruolo della donna in archeologia

Lunedì 13 febbraio 2012

ore 16,30

Biblioteca Universitaria – Archeoclub Pisa

Sala storica
Biblioteca Universitaria di Pisa
via Curtatone e Montanara, 15

www.pisa.sbn.it 

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Una nuova redazione: tutte donne, tutte gratis?


Riceviamo e pubblichiamo la segnalazione di una collega.
La lettera è firmata, il nome omesso per motivi di privacy. 

Sono un’archeologa, il che è tutto dire visto che a tratti esisto, a tratti rimango nascosta nelle molteplici definizioni che vengono date ai laureati della facoltà di Lettere e Filosofia. Ma prima di tutto sono una persona libera e pensante, e una donna.
Quando penso a me e alle mie scelte mi rendo conto di aver seguito una grande passione, noncurante di quanto mi dicevano le persone che incontravo lungo la strada. Ho sempre avuto in mente le parole del mio professore di Filosofia del liceo, che aveva compreso la mia sete di sapere e mi aveva incitata a mirare in alto, perché solo quelli che emergono a suon di voti, di impegno (non sempre sono la stessa cosa, ricordiamolo) e di intraprendenza hanno la possibilità di riuscire.

In questi ultimi mesi si sta parlando tanto di precarietà, di dare maggior possibilità ai giovani, di rispetto, che purtroppo sempre più spesso mancano.
In alcuni post trovati per caso in internet si fa riferimento sempre più spesso a grandi aziende che usano contratti al limite dello sfruttamento, di stipendi che spesso non arrivano, di vere e proprie truffe.
Anche a me è successa una cosa del genere, ma ciò che da’ il briciolo di assurdità in più a questa storia è che dalla parte degli sfruttatori ci sono ragazzi poco più grandi di me, che dovrebbero voler cambiare il sistema invece di cavalcarlo.

Tempo fa ho risposto ad un annuncio su internet: una rivista cercava articolisti per implementare lo staff. Di solito quando si tratta di un lavoro “a gratis” questo viene esplicitato nella proposta di lavoro, in questo caso ovviamente non vi era nessuna precisazione riguardo ad un possibile guadagno e dopo aver fatto passare più di un centinaio di annunci con la scritta “gratis” questo mi è davvero sembrato una ventata d’aria fresca. Ho subito contattato il referente inviando il CV ma mi è arrivata una risposta asettica nella quale venivo ringraziata per il mio interesse e mi si avvisava che i guadagni sarebbero arrivati dopo un mese dall’inizio dei lavori perché si trattava di una rivista ancora in crescita.

Vi confesso che all’inizio ho pensato di non rispondere nemmeno a questo messaggio perchè mi è suonato quasi come un inganno, poi però ho preso coraggio e ho chiesto specificatamente se il periodo che possiamo anche chiamare “di prova” sarebbe durato davvero un mese. Alla risposta affermativa ho deciso di tastare il terreno e vedere come sarebbe andata a finire.

Ho lavorato per questa rivista per più di un mese, scrivendo dai due ai quattro articoli al giorno (che quindi mi impegnavano per più di metà giornata) senza ricevere niente in cambio. Alcuni giorni, soprattutto durante il periodo prenatalizio, non ho potuto scrivere niente perché (meno male!) ho trovato dei lavoretti per guadagnare qualcosa.
Per alcuni articoli ho dovuto fare telefonate con il mio numero privato, ovviamente non mi è stato fornito alcun rimborso spese.

Alla scadenza del mese è stata organizzata una riunione per mettere insieme in una stanza tutto lo staff: la tematica soldi non è stata toccata e nonostante le mie velate allusioni, con mio grande dispiacere l’argomento non è stato affrontato.
Quello che ho visto, però, mi ha lasciata basita: oltre ai responsabili e ad un loro amico eravamo solo donne.
È perché tendiamo a fidarci di più?
Perché abbiamo così poca autostima che lavoriamo senza chiedere niente in cambio?
È perché siamo ormai parte del sistema?

La mia scelta è stata di abbandonare questo progetto, per mancanza di serietà e, soprattutto, per la presa di coscienza che ormai questo sistema malato, che si nutre di sfruttamento e annienta la fiducia, ha messo radici ovunque.

Ho deciso di scrivere questa breve testimonianza perché è giusto portare alla luce verità che rimangono nascoste, perché il fatto di trovarmi circondata da ragazze nella mia stessa situazione mi ha fatto montare una grande rabbia.
Dobbiamo trovare nel nostro piccolo il coraggio di emergere da questo mare di sfruttamento e inganno, di farci rispettare per quello che siamo, donne, lavoratrici
e, prima di tutto, persone oneste.

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Archeologhe che (r)esistono a Servizio Pubblico, di Michele Santoro


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