È trascorso ormai un anno dal “Se non ora, quando?” di Siena 2011.
Il 9 Luglio del 2011 eravamo lì in trenta. Trenta archeologhe provenienti da tutta Italia che si sono incontrate, molte per la prima volta dal vivo, per portare in piazza le difficoltà e le aspirazioni di essere Archeologhe che (r)esistono in un mondo precario e ancora, talvolta, troppo maschilista. Dopo discussioni sul web in cui ci siamo raccontate le nostre esperienze, i nostri punti di vista, le nostre proposte, abbiamo deciso di uscire ancora più allo scoperto per dire pubblicamente cosa pensavamo.
Posso tranquillamente dire, a distanza di un anno, che è stata una delle esperienze più belle della mia vita! Per la prima volta dopo tanto mi sono sentita compresa e ho trovato il modo di incanalare le mie forze per lavorare a qualcosa di “più grande”. In questo l’ANA (Associazione Nazionale Archeologi) ha fatto un grande lavoro. Ha ascoltato tante donne che come me si sono ritrovate ad affrontare problemi comuni a molte, piccole e grandi discriminazioni, ansie e speranze. L’ANA da anni sta cercando di porre un’attenzione maggiore a tutto ciò che nel nostro mestiere ancora manca, vuoi per cattive conoscenze generali, vuoi per la precarietà insita nella nostra condizione lavorativa.
L’esperienza dello SNOQ mi ha dato forza e speranza, e soprattutto mi ha fatto venire voglia di smettere di lamentarmi per essere più attiva, per fare qualcosa anche io, per partecipare al cambiamento. A Siena è bastato così poco (anche se dietro c’è stata una lunga preparazione e un grande coordinamento, e la prima da ringraziare è Astrid D’Eredità senza la quale nulla avrebbe avuto inizio) e pian piano qualcosa ha iniziato ad ingranare.
Durante quest’anno molte di noi che eravamo lì a Siena ha scelto di darsi da fare: ha organizzato o partecipato a conferenze nelle quali si parlava di donne e archeologia, ha preso parte a gruppi per intitolare strade a importanti figure femminili, ha dato vita a comitati, ha spiegato sui canali mediatici e nella vita di tutti i giorni quali sono i problemi da superare, ha cercato di sensibilizzare il grande pubblico.
Io sono orgogliosa di tutto questo, sono orgogliosa delle mie colleghe sparse in tutta Italia e di quello che fanno ogni giorno per essere ottime professioniste, brave mamme, amorevoli compagne, attive “sindacaliste”: in una parola DONNE. Donne che non scendono a compromessi, che hanno scelto di fare qualcosa di più per tutte e non solo per loro stesse, profondendo un impegno reale (fisico e mentale) per migliorare in un prossimo futuro le condizioni di noi tutte.
L’anno scorso per me è stata una scossa e una risposta: l’ANA e le Archeologhe che (r)esistono mi hanno dato la possibilità di essere una professionista migliore e più preparata e non potrò mai ringraziarli abbastanza per questo anno di crescita individuale e lavorativo.
A distanza di un anno credo che la nostra esperienza di Archeologhe che (r)esistono non sia stata una cometa, bensì la base per una discussione più concreta ed ampia sul mondo della precarietà e della discriminazione femminile italiana. Un grande punto di inizio al quale spero che tutte noi archeologhe sapremo ancora dare seguito.
GRAZIE!
Marcella